Il Comitato “ritiene dannosa tale volontà amministrativa, poiché la vocazione agro-alimentare-turistica del nostro territorio non può essere minata dalla produzione di energia attraverso la combustione del legno. Quando si parla di biomasse bisogna, necessariamente, prendere in considerazione le problematiche connesse al loro uso, come la devastazione ambientale tramite il disboscamento del patrimonio boschivo, atto a fornire il principale combustibile per il funzionamento di una centrale a biomasse ed il conseguente dissesto idro-geologico, già esistente, aggravato dal taglio indiscriminato dei boschi”.
Inoltre “da qualsiasi processo di combustione e, quindi, anche da quello del legno si sprigionano inquinanti e sostanze nocive, le quali si disperdono nell’ambiente e vengono assorbite sia dalle piante, incluse quelle alimentari, sia dall’uomo. Una centrale a biomasse, per legge, non può essere costruita in territori dove esistono produzioni agro-alimentari di qualità a marchio Dop e precludere il futuro a questo tipo di produzioni”.
Per il Comitato “dalle cronache giudiziarie si è appreso che in un’inchiesta della Dda di Catanzaro si sospettano, fortemente, infiltrazioni della ‘ndrangheta nell’affare biomasse anche ad Acri”. Inoltre bisogna “considerare lo sfruttamento, da parte delle imprese di tagli boschivi, di manodopera in nero e a basso costo, spesso migrante.
Tutti questi aspetti cozzano, completamente, con un approccio culturale sostenibile e rispettoso dei territori e il Comitato si propone e si è già proposto di diffondere questo tipo di cultura di tutela dei beni comuni e di fronteggiare la volontà amministrativa, già espressa dalla ex-amministrazione, e confermata da quella in corso, di costruire una centrale a biomasse sul territorio acrese”.
Bisogna, quindi, “tutelare il territorio come bene e risorsa comuni e non concederlo come risorsa per gli affari sull’energia”.
Piero Cirino
Da “Il Quotidiano della Calabria” del 27-01-2014.