Il voto di domenica scorsa nel centro presilano ha consegnato numerosi spunti di riflessione politica.
I fasti elettorali del centrosinistra di poco meno di un anno fa, con la riconquista di Palazzo Gencarelli, impallidiscono al cospetto dei numeri delle Politiche di qualche giorno fa.
Stabilire quale sia la proporzione della componente locale in competizioni sovraccomunali è sempre impresa ardua e spesso esercizio di elucubrazioni assai poco convincenti, tuttavia non si può negare che vi sia. Sarebbe azzardato dire che sia stato un pronunciamento sui primi mesi di vita della nuova amministrazione comunale, ma quel 13%, o poco più, del Partito Democratico è un dato impietoso. L’esecutivo Capalbo sembra al riparo da tempeste post elettorali, ma questo potrebbe essere un pericoloso precedente in vista delle Regionali del prossimo anno.
Derubricarlo alla tendenza nazionale sarebbe un errore madornale per il Pd acrese, perché non spiegherebbe tutto, se non la volontà di autoconservazione di una classe dirigente. Il terremoto politico ha letteralmente travolto anche l’Udc, ridotto a una sorta di comparsa sulla scheda elettorale, senza appeal e soprattutto privo di una credibile prospettiva politica.
La parabola nazionale dello scudocrociato è da tempo impietosamente discendente, ma qui assume significati diversi, essendo stata Acri per molto tempo roccaforte di chi aveva orgogliosamente raccolto il testimone della Dc.
Motivi per gioire ne avrebbe il Movimento Cinque Stelle, che ha una dote di oltre 6000 voti, cioè circa il 60%, che non riesce misteriosamente a capitalizzare, declinandola in consensi amministrativi. I pentastellati erano già risultati il primo partito nelle Politiche di cinque anni fa, ma alle Comunali del 2008 non presero parte. Stessa scena lo scorso anno. Nel 2017, dopo una disputa tutta locale tra due meetup si contesero il simbolo, il Movimento Cinque Stelle non fu tra quelli che parteciparono alle elezioni per la conquista del Comune.
La ricca messe elettorale di domenica scorsa, che ha addirittura ulteriormente aumentato il raccolto di cinque anni fa, non può lasciare indifferenti ancora una volta i vertici grillini oltre i confini acresi. Occorrono direttive precise in grado di rimuovere una delle autonomie più evidenti del panorama politico, non solo locale.
Da “Il Quotidiano del Sud” dell’08-03-2018 Piero Cirino