Pellegrino è stato lì per conto dell’Enea di Roma, che cura la parte logistica della spedizione. Il periodo di permanenza in Antartide, soprattutto per ragioni climatiche, va da ottobre a febbraio, cioè quando a quelle latitudini è estate.
In inverno le temperature possono scendere fino a 90 gradi sotto lo zero e il vento catabatico può soffiare fino a 200 chilometri orari.
C’è anche un’altra base italiana in Antartide, condivisa con la Francia, aperta tutto l’anno, la Concordia Station, posizionata sul plateau antartico a 3300 metri sul livello del mare, nel sito di Dome C.
Il concetto di estate in questo caso va ridefinito rispetto a quello che siamo abituati ad attribuirgli, infatti, racconta l’Ing. Pellegrino, “si va da meno 45 gradi a temperature che non superano mai lo zero”. Estate lì significa vivere per sei mesi con la luce solare, senza mai vedere la luna, con la possibilità di fare passeggiate o escursioni pure a mezzanotte.
Anche la vita all’interno della base non concede molte divagazioni: “abbiamo poco tempo libero, considerato che lavoriamo dalle dodici alle quattordici ore al giorno. Qualche ora per dormire, una partita a calcio balilla o qualche film fanno il resto”.
Anche arrivare lì non è semplice: partenza in aereo da Roma, per raggiungere, con un volo di cinque scali, la Nuova Zelanda e da qui imbarcarsi, su una nave rompighiaccio, per un viaggio che dura undici giorni.
L’attività di ricerca della base, situata nella Baia di Terra Nova, nel Mare di Ross, riguarda fondamentalmente settori come la biologia marina, la glaciologia o i cambiamenti climatici, solo per citarne qualcuno.
Pellegrino, al suo rientro, è rimasto qualche giorno ad Acri, per poi ripartire alla volta di Roma, per riprendere servizio all’Enea. La base riaprirà nel prossimo mese di ottobre e non è detto che l’ingegnere acrese non debba rifare le valigie.
Piero Cirino
Da “Il Quotidiano della Calabria” del 04-04-2014.