Chi è fra Angelo d’Acri?
Guardiamo, primieramente, al suo contesto storico.
Siamo nel Meridione d’Italia della fine del XVII secolo; i principi Sanseverino governano i nostri territori; con i soprusi e le ingiustizie connesse a quell’esperienza di politica (tra minoranze ricchissime e popolazioni nell’indigenza). Le fatiche di Angelo d’Acri saranno orientate verso la difesa della povera gente.
Facciamo un passo indietro ed arriviamo alla sua esperienza vocazionale: egli desiderava accogliere la vocazione francescano-cappuccina, ma per ben due volte abbandonò la vita conventuale, per fare ritorno ad Acri ed alla vita mondana. La scelta definitiva, che passa dalla porta stretta e dalla via angusta (cfr.: Mt 7,13-14), gli incute grande timore; così come avviene oggi per la vita sacerdotale, religiosa o matrimoniale. La grazia ha vinto sulle passioni. Angelo, col raro permesso del Ministro Generale, rientra in noviziato ed emette i voti.
La sua fede viene rinsaldata. È chiamato ad una grande missione. Molto è valsa la testimonianza di vita del predicatore cappuccino Antonio da Olivadi, che predicò proprio in Acri in quel tempo di grande travaglio per l’allora Luca Antonio Falcone, figlio di una povera fornaia ed orfano di padre.
Ordinato sacerdote, lo ritroviamo di fronte ad un altro ostacolo, che lo mette in ginocchio. Nella sua prima predicazione, il quaresimale a San Giorgio Albanese (1702), fallisce, dimenticando tutte le parole da dire dal pulpito davanti a tutto il popolo; e questo avvenne per tre sere. Comprenderà che il suo stile dovrà diventare semplice, lontano dall’ampollosità dell’oratoria del tempo.
Predicherà, tra missioni popolari e quaresimali, in tutta l’Italia Meridionale, spingendosi fino a Napoli ed al territorio dell’abbazia di Montecassino; diventando “l’apostolo delle Calabrie”.
Alla predicazione si accompagneranno quelli che Giovanni chiama i “segni”: la vicinanza di Dio alle necessità dei sofferenti; le sue poche cose diventeranno presto reliquie, desiderate dai fedeli.
La sua predicazione è incentrata sulla Passione del Signore Gesù; la sua più grande devozione, infatti, sarà verso il Crocifisso e la sua dolente Madre. L’immagine tipica di sant’Angelo lo raffigura, infatti, mentre indica il Crocifisso. Sarà l’autore di un componimento, il “Gesù pijssimo” o “Orologio della Passione”: delle strofe ritmate che ricordano i vari episodi della Passione del Signore Gesù. Un altro particolare della vita del nostro santo sacerdote cappuccino ci dice che egli era solito piantare un Calvario (costituito da tre croci), leggermente distante dal centro del paese, nei luoghi in cui aveva predicato.
Gli altri amori saranno: l’Eucaristia, celebrata con grande devozione e adorata fino all’estasi; la Madonna Addolorata, di cui fece scolpire un’effige lignea per donarla al popolo acrese, per non lasciarlo orfano dopo la sua morte. La definirà «Madre dei bisogni».
Forte era l’attaccamento di sant’Angelo alla vita religiosa francescano-cappuccina. Egli ricoprì nell’Ordine anche incarichi di governo (guardiano, Ministro Provinciale, visitatore generale). Ai Frati consegna uno stile di vita santo, che poggia su “cinque gemme”: l’austerità, la semplicità, l’esatta osservanza della serafica Regola e delle Costituzioni cappuccine, l’innocenza di vita e la carità inesauribile. Ad Acri lavorò instancabilmente ed ottenne dalla famiglia dei principi Sanseverino-Falcone l’edificazione di un monastero di Sorelle Povere di santa Chiara, definite “cappuccinelle”; siamo nel 1726, anno di benedizione. La prima monaca fu proprio la figlia dei principi, che prese il nome di suor Mariangela del Crocifisso.
Sant’Angelo fu, inoltre, ricercato consigliere di governanti, nobili, sacerdoti e vescovi del tempo.
Morì ad Acri il 30 ottobre del 1739.
Nel 1743 iniziò l’iter processuale che lo portò alla beatificazione, nel 1825, da parte di Leone XII.
Pochi anni fa venne riconosciuto un miracolo di guarigione, attribuito alla sua preghiera di intercessione, che lo ha portato alla canonizzazione, il 17 Ottobre del 2017 da parte di Papa Francesco.
( di fra Piero Sirianni )