CULTURA – Il Prof. Rocco Liberti recensisce il nuovo libro di Massimo Conocchia
Il cardiochirurgo umanista acrese, ma da tempo operante in quel di Novara, il Prof. Massimo Conocchia, che ha dato sfogo alla sua passione letteraria sin dal 2014 con la memoria “Voglia di emergere” quindi l’anno successivo col romanzo “Donne del Sud”, si ripresenta con un’accurata ricerca storico-sanitaria-sociale relativa a uno dei grandi mali che hanno afflitto la Calabria del passato. La malaria, che tra la fine del XIX secolo e il primo periodo del susseguente ha mietuto innumerevoli vittime, si è qualificata infatti anche un problema dai forti connotati socioculturali interessando vaste zone del territorio.
L’Autore nel suo lavoro si occupa, è naturale, del fenomeno dal punto di vista medico ripercorrendo le fasi storiche della sua espansione tra le popolazioni meridionali, soprattutto quella calabra, attingendo a chi ne ha variamente trattato o ha lottato strenuamente per il debellamento di così grave calamità. Ma, come acutamente rilevato dal Prof. Pasquale Tuscano nella Premessa, quelle che scorrono sono “pagine ferventi di umanità e di altrettanto ferma denuncia”, e anche, lo dice lo stesso autore, di “condanna definitiva di alcune realtà all’arretratezza e al sottosviluppo”. Ma quanto è dovuto alla gente comune e quanto alle autorità, che volutamente o no chiudevano gli occhi per non vedere!
Partendo dall’esistenza del morbo in provincia di Cosenza, soprattutto nel territorio sottostante Aiello Calabro, dove il cosiddetto “Mariciellu” ancora oggi non vede la sua fine nonostante le continue proteste degli abitanti, il Conocchia offre un quadro chiaro soprattutto in relazione allo sviluppo della malattia, all’impegno dei vari governi e ai medicinali che via via venivano scoperti. Se il cosiddetto chinino di stato si è qualificato sin dal primo Novecento un ottimo aggressore del male, la soluzione è stata il D.D.T. portatoci dagli Americani con la seconda guerra mondiale.
“Miseria e malaria: un binomio terribile”: il titolo del capitolo indica chiaramente il triste stato della popolazione al tempo, che per poter vivere dignitosamente era costretta a portarsi in terre lontane, ma altresì fa da apripista agli impegni di tanti spiriti nobili, autoctoni e non, che hanno considerato un dovere nobile quello di far pervenire la povera gente ad uno stato più che dignitoso. Si snoda quindi tutta una serie di ritratti di persone di rilievo e di grande spirito di sacrificio tenacemente volti al bene del prossimo: il meridionalista Umberto Zanotti Bianco con l’ANIMI, Pietro Timpano che ha diretto l’Istituto Diagnostico di Reggio Calabria sin dalla fondazione, il malariologo Francesco Genovese autore nel 1927 della pubblicazione “La malaria nel Mezzogiorno d’Italia”, frutto delle conferenze tenute al Corso d’igiene scolastica di Maratea, i medici Tiberio Evoli, Piero Viola, Demetrio Meduri e il sacerdote Francesco Maria Greco.
Rocco Liberti
Storico, membro della Deputazione di Storia Patria per la Calabria