di Franco Bifano
Caro Peppe,
mi ritrovo immobile davanti al computer, forse con la speranza che scriva al posto mio. Il foglio però resta bianco, non una sola parola appare sullo schermo. Dicono che il computer sia in fondo uno strumento stupido. Deve essere vero, se non ti viene in aiuto quando ne hai bisogno.
Eppure, le cose da scrivere sarebbero tante. Ad incominciare dalla passione per il calcio che ci ha fatto conoscere. Tu lo raccontavi sulle pagine della Gazzetta del Sud, io e pochi altri temerari dai microfoni della Radio. Le passioni, si sa, avvicinano. Quella per il calcio e per la stessa squadra l’Acri, certamente unisce. Così abbiamo condiviso le due cose, la carta stampata e la Radio. Tu sei diventato commentatore radiofonico e io, per un periodo, cronista sportivo per adnKronos.
Per la città erano gli anni del fermento, culturale, politico e anche calcistico. La squadra dell’Acri viveva stagioni felici e da protagonista. Le cose da raccontare erano quindi molte. Noi eravamo in prima linea, con la Radio e poi, nel tempo, anche con la televisione, in campo come in Consiglio Comunale. Mi colpiva il tuo modo originale di raccontare le cose. Sostenevo che lo facevi alla “Peppe Oliva” e ci ridevamo sopra. Ho sempre apprezzato la tua lealtà, merce rara, mai uno “sgarro”. Con te era persino difficile litigare. Non ti ho mai sentite imprecare o riversare cattiverie su qualcuno. Per molti anni, la tua presenza ha riempito via Padula. Non era possibile attraversarla senza fermarsi a parlare con te. Sei stata una presenza importante anche per la parrocchia dell’Annunziata. Un Diacono per me “singolare”, forse perché ti ho sempre guardato con gli occhi da amico. Ci siamo raccontati i momenti difficili, ma anche le tante le esperienze positive. Eri diventato persino un mio appassionato lettore! Ti dicevo che a volte raccontare le cose è faticoso, non di rado viene la voglia di lasciar perdere. Tuttavia, le tue telefonate erano diventate una sorta di ricarica, un indispensabile stimolo. Mi chiamavi per “rimproverarmi”. “Guarda che è un po’ che non ti leggo, perché non scrivi più?” Su WhatsApp ti mandavo i miei articoli, quello che ti ho mandato per ultimo non lo hai aperto.
Sentirò la mancanza della tua bontà, quella bontà che Papa Francesco predica e di cui questo Mondo ha un gran bisogno.
Sei andato via troppo presto, nel giorno nel quale la tradizione cristiana vuole che nasca Gesù. Forse, non è un caso. Forse è per ricordarci che la vita e la morte sono, in fondo, le due facce della stessa medaglia.