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Il terremoto non aspetta e non chiede permesso.

di  Francesco Foggia

Le immagini delle macerie di Amatrice (RI), di Accumoli (RI) e di Pescara del Tronto (AP) hanno svegliate le coscienze;fra le tante che si saranno svegliate ci saranno anche le stesse che lo hanno fattoa più riprese nell’ultimo ventennio e che puntualmente si sono riaddormentate, forse persmaltirele faticheaccumulate nel gestire le emergenzecreate dai diversi terremoti (Emilia nel2012, provincia  dell’Aquila nel 2009, Molise/Puglia nel 2002, Umbria e Marche nel 1997).

A dire che i sismi di magnitudo 5,4 – 6,0(quelli più comuni nell’intera Penisola eche riducono a cumuli di macerie quasi tutti i centri storici prossimi agli ipocentri, come avvenne anche in Irpinia nel 1980,in Friuli nel 1976, nella Valle del Belice nel 1968)nelle aree di moderna urbanizzazione (dove si costruisce nel rispetto di norme tecniche appropriate) non  producono gli stessi danni, ma comportano solo spaventiagli abitanti.

Il problema, allora, sta nella estrema vulnerabilità dei fabbricati che caratterizzano i nuclei originari degli 8.000 comuni d’Italia e che,per la loro esistenza e per il “vecchiume” che si ritrovano, hanno un valore inestimabile e costituiscono un vanto per la nostra Nazione. Ce ne rendiamo conto dopo ogni sisma, quando crollano,provocando la morte di migliaia di vite umane.

Prevenire è meglio che ricostruire: lo dicono tutti in questi frangenti.  E neanche stavolta non sono mancate le intenzioni di correre ai ripari, tant’è che già il 25 agosto 2016 si è riunita la Commissione Grandi Rischi della Protezione Civile per valutare l’impatto del sisma ed i suoi possibili sviluppi.

«Purtroppo in Italia si aspetta il terremoto per edificare costruzioni antisismiche. I terremoti sono inevitabili. Quello che si può evitare è il crollo totale degli edifici costruendoli con i giusti criteri» fascrivere a Francesca Angeli,  su “Il Giornale” (25.8.16), il prof. Domenico Giardini, referente per il settore del rischio sismico nella suddetta Commissione. Poi, lo stessoavverte«Una magnitudo 6 è considerata medio grande e per fortuna in Italia non arriviamo mai al 9 che si riscontra invece in Giappone … Ad Amatrice … Sono tutte case vecchie che crollano. Per capire come è potuto accadere basta vedere la differenza con Norcia ed Assisi. Qui, dopo i terremoti del ’79 e del ’97, c’è stata la ricostruzione: evidentemente è stata fatta bene e le case costruite hanno retto» … «Il problema è lo stesso dopo anni e anni. Le case vengono mese in sicurezza soltanto dopo i terremoti. Noi possiamo segnalare che quella è una zona rossa. … Non possiamo certamente dire che il terremoto arriva tra un’ora o tra un anno. Ma possiamo affermare con certezza che con una magnitudo 6 quelle case crolleranno».

Ad inizio settembre si è verificata, a livello nazionale, la concomitanza di due eventi significativi:

L’intera  Italia è soggetta all’azione sismica, ma la Calabria, che ha avuto più del 50% dei terremoti catastrofici,si rivela la regione con il maggiore potenziale sismico. Per tale motivo, il 26 settembre scorso, le Prefetture delle cinque Province calabresi hanno indetto un incontroa Catanzaro frail responsabile regionale della PC, Carlo Tansi, con gli amministratori locali, con i responsabili delle forze dell’ordine e con gli appartenenti al mondo del volontariato edell’associazionismo,per fare il punto della situazione nell’approccio con il rischio sismico.

«La Regione è molto indietro» ci fa sapere Carlo Tansi (non senza suscitare, a distanza di giorni, polemichein alcuni politici e preoccupazioni nelle parti sociali), evidenziando che i Piani di emergenza – nonostante i fondi stanziati – sono stati presentati solo dal 54% dei comuni calabresi,e che questi Piani, fra l’altro, si rivelano già obsoleti o pocoadeguati in caso di necessità.

Dal “Rapporto Barberi”, redatto a fine anni ‘90, emerge che in Calabria sono circa 11mila gli edifici pubblici a rischio di crollo per cause sismiche.

Le conoscenze sullo stato fisico degli edifici e la valutazione della loro capacità a sopportare una determinata sollecitazione dinamica diventano, così, indispensabili, per programmare interventi alle strutture abitativeper una efficace prevenzione antisismica.

La stima degli immobili privati vulnerabili ai sismi nei centri abitati calabresi sarà tutta da scoprire, se non addirittura ancora da fare.

Io hopotuto reperirenotizie sulle condizioni fisiche del Centro storico e sulla sismicità del territoriodi Acri (Cosenza), quale redattore o co-redattore di studi geologici in questa cittadina.

 

 

 
L’Amministrazione di Acri, per la sensibilità e la lungimiranza dei suoi componenti,aveva provveduto,già dal 1982, a dotarsi di un Piano di Recupero del Centro Storico, e dall’agosto di quell’anno ha potuto disporre diuno studio geologico, geomorfologico e geologico-tecnico (redatto dal sottoscritto in collaborazione con il dott. Gioacchino Lena), riportantele risposte sismiche dei terreni, nonché lo stato fisico di tutti gli edifici e gli interventi consigliati per il risanamento degli stessi e dei ripidi versanti (per attenuare gli effetti di un ipotetico sisma).

 

In relazione a questo studio “ne è scaturita una carta, alla scala 1:500, in cui sono divise le unità abitative in tre gruppi” (oltre ad una quarta comprendente i ruderi), riepilogate nella seguente tabella:


La Classificazione sismica, aggiornata al 2015, formulata dall’INGV, vede il territorio di Acri con il livello di pericolosità relativo alla “zona sismica 2” (“… in questa zona possono verificarsi terremoti abbastanza forti”). I valori di accelerazione di picco (ag) sul terreno rigido e pianeggiante, con probabilità di superamento pari al 10% in 50 anni (OPCM 3519/06), sono compresi fra 0,25 – 0,275nella porzione centro-orientale del territorio di Acri; mentre hanno valori compresi fra 0,275 – 0,300 nelle parti occidentaliesud-occidentali, perché prossime ad una struttura tettonica di alta pericolosità sismica: il graben della Valle del F. Crati.

Lapreoccupante situazionesismica regionale (insieme aquella nazionale)richiede una costante attenzione sul territorio ed azioni improrogabili di consolidamentodei fabbricati (e dei versanti, se questi risultano  instabili o che tendano all’instabilità) per prevenire gli effetti dell’evento calamitoso; nonché la predisposizionedi un Piano di emergenza per ogni singolo Comune, magari scelto in un concorso di idee per favorire l’apporto di più tecnici ed il coinvolgimento di una certa parte della popolazione al problema.

In futuro, seguirà il succinto estratto divulgativo delle risultanze geologiche e tecniche relative al Piano di Recupero del Centro storico di Acri, pubblicato sul mensile locale “Confronto”, nel febbraio 1983(a. IX, n. 2), con il titolo:“Acri – Centro storico. Risanamento idrogeologico e innanzitutto antisismico”.

 

 

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