L’indignazione ROSSO CALABRIA
(una delle tante)
di giacinto lepera
In Calabria il gioco è truccato da sempre, lo sanno tutti. Giocano tutti, barano tutti.
La regola per poter giocare è quella di attribuire ad altri la responsabilità delle proprie azioni.
L’ondata di indignazione che si è sollevata rispetto alla “zona rossa” e a tutto ciò che ne è conseguito sul tema della sanità e non solo, mette d’accordo tutti.
Le reazioni dei politici si confondono e si mischiano a quelle dei plebei.
Gli uni e gli altri praticano questo esercizio con grande maestria.
I calabresi si risentono sempre.
Lo fanno per tentare una difesa nei confronti del Nord che li reputa scansafatiche, lo fanno per il non sistema sanitario che si ritrovano, ma anche quando vengono arrestati i politici, oppure quando ogni tanto si scoprono abitanti di un luogo dove si abbandonano rifiuti di ogni genere, o se i depuratori non funzionanti delle coste marine non permettono loro di pubblicare su feisbuc l’orgoglio di avere due mari; addirittura si inccazzano per i video promozionali che non rende giustizia alla loro Storia e alla millenaria cultura che però non conoscono. Si agitano perché non si spiegano come mai la Calabria non sia mappata sulle rotte del turismo internazionale, nonostante abbia più di ogni altra regione della penisola la possibilità di crearsi un vera industria sulle bellezze e per le caratteristiche che si ritrova.
I deficit della Calabria i calabresi li conoscono molto bene, e ci convivono.
La cosa drammatica è che le verità che si veicolano via tv o via social sono sempre le stesse, tutto già è stato visto.
Il calabrese (politico e non politico) che grida allo scandalo per tutte malefatte, mente malamente perché le conosce perfettamente dalla notte dei tempi.
Non c’è bisogno della “zona rossa” e del passaggio televisivo di certi mali per esprimere disperazione, disprezzo e indignazione.
Al calabrese, il senso di vomito per la propria misera condizione non gli viene mai nella cabina elettorale: lì dentro ci entra sempre auto convinto di fare la rivoluzione. La rivoluzione che gli permette di mettere una pezza al suo tornaconto personale.
Un popolo che baratta la dignità al migliore offerente non ha speranza.
Si muore, non si hanno cure, non si ha lavoro e anziché ribaltare il sistema tentando ogni forma (anche violenta) di ribellione ci si indigna a comando, così, giusto per essere attuali col tema del giorno.
La Calabria ha troppi padroni, ma sono molto di più i loro servi.
Anche la ‘Ndrangheta è fuffa, e non può continuare ad essere considerata impedimento di sviluppo. La vera questione è l’incapacità di guardare al futuro.
Coscienza di esistere, su questo sarebbe utile puntare.
È quasi certo che alle prossime elezioni regionali, la volontà di cambiare da parte di tutti sarà condizionata dalla inconsapevole complicità al sistema, e farà di questa regione, ancora una volta, il luogo del “tutti sono colpevoli nessuno è colpevole”.