Di quaranta (e passa) anni fa ricordo, fra le altre cose, le lotte studentesche per una scuola più democratica e partecipata. Furono momenti di grande tensione ed attenzione verso la scuola che sfociarono in quelli che ancora oggi, pur con i loro limiti, rappresentano, dalle nostre parti, l’unico punto di contatto tra scuola e società: i provvedimenti delegati sulla scuola (o decreti delegati) del 1974. Fu attraverso questi decreti che nella scuola italiana trovo spazio una innovazione rivoluzionaria con l’introduzione dei consigli di classe e di istituto, nei quali, per la prima volta, viene prevista la presenza di una rappresentanza di genitori e studenti con il compito di formulare proposte, al Collegio Docenti, relative all’azione educativa e didattica e agevolare il rapporto tra docenti, genitori e studenti.
Assieme a tale rappresentanza veniva anche riconosciuto, agli studenti, il diritto di riunirsi nel limite delle ore di lezione di una giornata al mese. Nasceva il diritto all’assemblea di istituto.
E’ notizia dell’altro ieri la protesta messa in atto dagli studenti del Liceo Classico-Scientifico “V. JULIA” di Acri i quali chiedevano al Dirigente Scolastico l’autorizzazione di riunirsi in assemblea. Il Dirigente, vista la penuria di spazi che potessero accogliere l’intero corpo studentesco, proponeva di far svolgere l’assemblea suddividendola per classi di appartenenza (ogni studente nella propria classe). Gli studenti rifiutavano tale soluzione adducendo, come motivazione, l’impossibilità di discutere temi che riguardavano l’intera comunità studentesca senza che tutti fossero a conoscenza dei vari interventi che si sarebbero succeduti. Inoltre, in caso di proposte da parte degli eventuali gruppi o della produzione di documenti da sottoporre all’attenzione del Dirigente Scolastico, vi sarebbe stata l’impossibilità di metterle ai voti al fine di giungere ad un documento unico. Da tale situazione è nato un sit-in di protesta davanti ai cancelli dell’istituto che ha avuto termine, dopo qualche minuto di relativa tensione, grazie ad una mediazione determinante, che ha permesso agli studenti di riunirsi collegialmente e discutere dei problemi che li coinvolgono giornalmente.
Ora, al di là delle questioni squisitamente normative o della buona volontà dei singoli, resta da chiedersi: perché negli anni passati questo problema non si è posto? Non ci sono mai state assemblee? Sono aumentate le classi?
E ancora: possibile che, non si riesca a trovare il modo per creare una aula magna in un edificio così grande?
E tra le tante idee “innovative” della dirigenza, possibile non ce ne sia qualcuna atta a favorire gli incontri tra studenti al fine di far maturare una coscienza sociale collettiva all’interno di una istituzione formativa importantissima come la scuola? Possibile che la scuola debba insistere solo sullo studio ripetitivo di autori, formule, concetti e date, senza la minima possibilità di un vero rinnovamento?
Possibile che le uniche attività culturalmente “aggreganti” che questo Liceo riesce ad organizzare, in questi ultimi tempi, siano solo le periodiche “visite” al palazzo Sanseverino?
Possibile che nonostante i tentativi di partecipazione attiva di genitori e studenti alla vita scolastica, le dirigenze di certe scuole siano sempre più ancorate a concetti come quelli espressi nel film in cui Alberto Sordi, nei panni del marchese del Grillo, rivolgendosi ai popolani che gli chiedevano il perché del suo operato, rispondeva con la frase: “Perché io so’ io e voi non siete un c….”?
Continuiamo a ripeterci che, quella attuale, è una generazione “persa” a causa della mancanza di lavoro e dal futuro incerto, perdendo di vista l’obiettivo primario: formare cittadini che non si limitino ad esprimere le loro idee attraverso un “I like” cliccato su una qualunque pagina facebook.
Il fatto è che, oltre a sgravarci la coscienza risulta anche facile accusare i ragazzi di essere senza ideali, ma dimentichiamo che dovremmo essere noi a fornir loro quegli ideali o quantomeno a fornire loro gli strumenti per trovarli. La crescita individuale (e collettiva) difficilmente può essere generata attraverso “confronti” dai toni dittatoriali, perentori e ricattatorii come quelli di un voto basso in condotta a chi protesta per l’affermazione dei propri diritti. Essa trae origine, invece, dal contatto di più idee, dalla possibilità di un confronto reale (anche animato se necessario), ma senza sopraffazione, guardandosi negli occhi per comprendere ciò che pensa chi non la pensa come noi. Questo confronto passa anche e soprattutto attraverso i banchi di scuola, attraverso coloro che credono nelle scuola come istituto formativo e non repressivo, un luogo d’incontro e non di scontro, un luogo dove iniziano le opportunità che diamo alle nuove generazioni. Amen.