Riceviamo e pubblichiamo
Sono uno di quegli operatori sanitari che si occupano della prevenzione, della cura e della riabilitazione dei pazienti affetti da patologie o disfunzioni congenite o acquisite.
La mia, non è una missione, e non sono né un eroe, tantomeno un angelo, ma bensì un lavoratore, che mette tutto l’amore e la sensibilità, al servizio dei pazienti, ma soprattutto il massimo della professionalità e quell’esperienza acquisita negli anni, con tanti sacrifici.
Questo per me, e per noi del settore sanitario non è un momento piacevole, anzi è il periodo sicuramente più faticoso da quando questa emergenza ha avuto inizio.
Mi corre l’obbligo di ringraziare l’azienda per la quale lavoro, perché sin dall’inizio di questa “guerra” sanitaria, ha cercato di garantire al meglio tutti i DPI necessari (presenti in commercio) per la sicurezza del personale e per quella dei tanti pazienti anziani ospiti all’interno della struttura.
Per quanto ci riguarda siamo stati tutelati, soprattutto quando è stata assunta la decisione di imporre il divieto assoluto di far entrare all’interno della struttura i parenti degli ospiti ricoverati, ed allo stesso tempo non sono più stati effettuati nuovi ricoveri.
Il lunedì dell’Angelo, però, tutti noi abbiamo dovuto affrontare faccia a faccia il “mostro silenzioso ed invisibile”, un nemico dal quale abbiamo provato a sfuggire adottando tutte le precauzioni del caso ma che per qualche motivo, ed in modo a noi attualmente sconosciuto, è riuscito ad insediarsi all’interno della struttura.
Dal momento in cui la “bomba” è esplosa e tutti noi abbiamo capito di aver a che fare con il covid-19, tra lo sconforto e le ansia abbiamo anche percepito che, anche in questo caso, quasi “magicamente” noi operatori sanitari della RSA, che fino a poche ore prima eravamo “angeli”, “eroi”, siamo diventati agli occhi di tanti operatori di serie B, operatori sbadati e negligenti o per far capire meglio il concetto i “coglioni” che si sono contaminati.
Magari ci siamo contaminati anche da soli o magari per noi è piacevole sapere di esserlo o sapere che alcuni colleghi con i quali condividiamo quotidianamente il lavoro, ma soprattutto ansie, emozioni e preoccupazioni, sono positivi al virus.
La nostra colpa, magari è quella di essere andati a lavorare invece di rimanere a casa a “poltrire” sul divano.
Che poi sul divano c’è chi è “obbligato” a starci, dal virus, come ben sapete, ci si può salvare restando a casa e rispettando le regole, ma forse non tutti hanno chiaro questo concetto. Ecco perché tanti dei “concittadini” invece di stare a casa, sono stati incuranti in giro o addirittura c’è chi si è ritrovato a fare “feste” e “festini”.
Perché nessuno ha mai “preteso” il nome di questi “eroi”?
Lasciamo stare il pensiero di alcuni, ma concentriamoci invece su uno spiacevole episodio, che paradossalmente lascia l’amaro in bocca quasi come scoprire una positività. Stiamo parlando della “fuga di notizie” della “violazione della privacy” che si è verificata nei giorni scorsi.
Il riferimento è chiaro a tutti o quasi, il riferimento è a quel messaggio vocale circolato su WhatsApp: “buongiorno mamme”.
Siamo qui a pretendere la verità ed a chiedere all’Assessore alla Sanità, Emanuele Le Pera, di fare luce insieme a noi sulla vicenda in questione. Chi ha sbagliato deve assumersi le proprie responsabilità ed i fatti devono essere chiariti, perché oltre allo stato di salute fisica non possiamo patire anche quello mentale. Non è giusto nei confronti né di chi è “apparso” in quel messaggio vocale, né tanto meno nei confronti delle loro famiglie.
La verità dovrà uscire fuori e la cercheremo anche attraverso tutte le azioni legali del caso, sia nei confronti della persona che ha generato il messaggio, sia nei confronti di chi ha inoltrato il file che nei confronti di chi è stato citato come persona informata dei fatti.
Quando usciremo da questo tunnel, perché ne usciremo, nessuno dovrà dimenticare la nostra storia, nessuno dovrà screditare la nostra intelligenza, la professionalità e la generosità che nonostante le difficoltà mettiamo nel nostro lavoro, anche durante una pandemia.
Seguite le raccomandazioni ministeriali e restate a casa