di Gaetana Falcone
C’erano gli amici, i parenti, c’eravamo tutti, una comunità intera, a dare l’ultimo saluto a questo sfortunato FIGLIO.
Ma da madre, da educatrice, mi chiedo, vi chiedo: siamo sempre così vicini ai nostri figli, ai nostri ragazzi, o forse lo crediamo soltanto? Lo desideriamo, lo speriamo? E se scoprissimo in tempo di essere “stranieri” nei loro cuori, nelle loro menti? Essere genitori, insegnanti o semplici precettori delle generazioni in fieri mai è stato facile, nessun mondo perfetto è mai trascorso, e forse nessuno mai ne verrà; ma oggi, più che mai, in questo tempo liquido, fluido, essere guide delle generazioni DIGITALI, diviene impresa ardua davvero. Avere con loro “vicinanza” autentica, appare miraggio, ma deve essere META desiderata, CERCATA. Paura e sgomento ci attanagliano membra ed animo: ci barrichiamo miseramente con gli occhi bendati, dietro sottilissimi veli, sostenuti da speranze sacre o laiche preghiere, che tengano lontano da noi sventure e drammi.
Ma la speranza è nell’opera. Nell’opera di donne e uomini che si uniscono in un oratorio, in una sede di partito, in una stalla, ma si uniscano per condividere lo smarrimento, i fallimenti, i dolori: che non è nascondendoli che ci si salva. Ma affrontandoli. Insieme. Senza paura di giudizio o vergogna. chiedere aiuto non è abbassarsi, ma innalzarsi. Che nessuno è immune da errori e nessuno è così forte da salvarsi da solo. “Nessuno educa nessuno, nessuno si educa da solo, gli uomini si educano insieme, con la mediazione del mondo.”
La mediazione e l’aiuto dunque, siano le fiaccole che questa comunità sappia accendere con pietas e forza!