di Franco Bifano
“Seguendo un invisibile ma onnipresente filo logico l’autore di queste bellissime liriche continua ad attingere a quel pozzo inesauribile che è il suo territorio dove è nato e cresciuto”. Comincia così la prefazione al nuovo libro di Angelo Canino.
Il volume è il settimo, escludendo il primo che è una sorta di vocabolario “Italiano-Acrese”, e si intitola “U’ nonnu mi dicia…”. Un prezioso “scrigno” che custodisce poesie, naturalmente tutte in vernacolo.
E’ vero, il territorio di nascita è certamente una costante fonte di ispirazione, tuttavia, sono convinto che il vero pozzo a cui attinge Angelo è il suo inesauribile talento, riconosciuto ormai in tutta Italia con oltre 200 premi ricevuti, tra i quali spiccano i due alla carriera, l’ultimo ricevuto quest’anno a Roma.
Ancora una volta i suoi componimenti si muovono delicatamente sul filo delle emozioni, le sue poesie sono un invito a compiere un viaggio nell’affascinante mondo dei ricordi. Attraverso il vernacolo compie una intrigante esplorazione alla ricerca di luoghi e persone di un tempo ormai passato che nei suoi versi tornano a rivivere, tanto da percepire il bisbiglio delle loro voci insieme al suono dei gesti quotidiani.
Il Poeta acrese, il 1 dicembre prossimo, riceverà in Puglia un premio alla Cultura, sarà un altro tassello dunque che andrà ad impreziosire il suo personale mosaico, già ricco di soddisfazioni. Tuttavia, non ha mai nascosto l’amarezza per la scarsa considerazione che sembra ricevere dalla nostra città.
Ci siamo incontrati di recente, per invitarmi alla presentazione della sua ultima raccolta il 24 p.v. nella sala del Caffe Letterario di Palazzo Sanseverino-Falcone. Nell’occasione non ha nascosto la sua soddisfazione per essere stato invitato, per la prima volta, quest’anno a declamare una sua poesia in una delle serate della XI edizione del Premio Padula. E’ certamente un primo passo, che va senz’altro nella direzione giusta ho commentato. Una direzione da seguire, se non altro per il prezioso contributo che i suoi libri danno alla preservazione del nostro dialetto. In città come Roma, Genova e Napoli organizzano corsi di dialetto nelle scuole proprio perché l’uso dello stesso non venga smarrito nel tempo.
Intanto, per le imminenti festività natalizie, penso che il libro del mio amico Angelo possa essere una originale quanto gradita alternativa ai consueti regali. e – “cumu u nonnu mi dicia….”- dejari nu dibbru, è cumi na bella fimmiina chi ta jetteti na magaria, u guardu, l’apri, l’accarizzu, e la menti pensa e si dicria.
O se preferite: leggere un buon libro è un po’ come ballare appassionatamente con una bella donna. Ogni passo, ogni movimento che fai ogni riga che leggi, il cuore prima in tumulto lentamente si scioglie e dolcemente t’innamori.